Citazioni e frasi su Matera

 

“Di faccia c’era un monte pelato e brullo, di un brutto colore grigiastro, senza segno di coltivazione; né un solo albero: soltanto terra e pietre battute dal sole. In fondo scorreva un torrentaccio, la Gravina, con poca acqua sporca e impaludata fra i sassi del greto. Il fiume e il monte avevano un’aria cupa e cattiva che faceva stringere il cuore. La forma di quel burrone era strana; come quella di due mezzi imbuti affiancati, separati da un piccolo sperone e riuniti in basso da un apice comune, dove si vedeva, di lassù, una chiesa bianca, Santa Maria de Idris, che pareva ficcata nella terra.

Questi coni rovesciati, questi imbuti, si chiamano Sassi: Sasso Caveoso e Sasso Barisano. Hanno la forma con cui a scuola immaginavamo l’inferno di Dante. E cominciai anch’io a scendere per una specie di mulattiera, di girone in girone, verso il fondo. La stradetta, strettissima, che scendeva serpeggiando, passava sui tetti delle case, se così quelle si possono chiamare. Sono grotte scavate nella parete di argilla indurita del burrone….Le porte erano aperte per il caldo. Io guardavo passando, e vedevo l’interno delle grotte, che non prendevano altra luce e aria se non dalla porta. Alcune non hanno neppure quella: si entra dall’alto, attraverso botole e scalette. Dentro quei buchi neri, dalle pareti di terra, vedevo i letti, le misere suppellettili, i cenci stesi. Sul pavimento stavano sdraiati i cani, le pecore, le capre, i maiali. Ogni famiglia ha, in genere, una sola di quelle grotte per tutta abitazione e ci dormono tutti insieme, uomini, donne, bambini e bestie. Così vivono ventimila persone….a me pareva, in quel sole accecante, di essere capitata in mezzo a una città colpita dalla peste”.

Da “Cristo si è fermato ad Eboli”, Carlo Levi Torino 1945.

DIBATTITI PARLAMENTARI

PER LA LEGGE SUL RISANAMENTO DEI SASSI DI MATERA

Onorevoli deputati! – I Sassi di Matera sono abitazioni trogloditiche, sono caverne o grotte scavate nel masso tufaceo dei versanti del torrente denominato Gravina di Matera.
Ogni caverna, munita della sola porta d’ingresso, costituisce la casa di abitazione di una famiglia materana.
Tali grotte, per essere scavate, come si è detto, nei fianchi del torrente Gravina di Matera, sono le une sovrapposte alle altre: vi si accede attraverso un dedalo di scalette e viuzze sconnesse formanti un complesso ed intricato sistema di rampicanti e ripiani costituenti contemporaneamente strada per un ripiano e tetto per le case sottostanti.
Le acque scorrono per le strade e, infiltrandosi nel masso permeabile o in crepe delle strade-tetto, penetrano nelle grotte sottostanti rendendo queste umide oltre ogni immaginazione…
Non è necessario mettere in particolare evidenza quali siano le condizioni di vita degli abitanti dei “Sassi”; l’assoluta promiscuità in cui uomini, donne, bambini, animali da lavoro e da cortile vivono; la mancanza di aria e di luce senza il minimo indispensabile dei servizi igienici (fognatura, acquedotto), l’affollamento in un unico locale che spesso raggiunge il numero di 14 persone, che rende le condizioni di vita veramente tragiche…
Nessun serio confronto della situazione dei “Sassi Materani” può essere fatto con altre dolorose situazioni esistenti altrove, poiché è raro trovare un così fatto agglomerato di persone, tale da comprendere all’incirca due terzi degli abitanti dell’intera città, accampati alla meglio in blocchi che non consentono nemmeno di godere il bene dell’aria che di solito è accessibile anche ai poveri.

Seduta del 9 agosto 1951

Quando si parla di case inabitabili si è generalmente portati a pensare ad abitazioni mancanti di acqua corrente oppure prive di servizi igienici o poco aerate o scarsamente illuminate o anche un po’ di tutte queste cose insieme. Ma qui non si tratta soltanto di questo. Quando si parla dei “Sassi” di Matera bisogna pensare alle bolgie infernali e poi moltiplicarne l’orrore per dieci, nella certezza tuttavia di rimanere sempre al di sotto della realtà. Bisogna pensare ad abitazioni che sono le stesse che esistevano cinque mila anni fa; bisogna pensare alle tane che i trogloditi di cinque mila anni fa scavarono con le unghie nella roccia, nella quale si insinuano, le une sotto le altre, in tutte le direzioni, in salita e in discesa, verso il centro della terra; bisogna pensare ad abitazioni dove non solo non entra il sole, ma non entra l’aria, non entra la luce, dove non vi sono pavimenti, né pareti, né tetti; dove, in una parola, non vi è nulla di umano, e dove vive in 2997 topaie, di 3413 vani complessivi, una popolazione che si aggira alle 18 mila anime, e con essa muli, asini, maiali, galline, in un’atmosfera che mozza il respiro ed in una promiscuità di sessi, di età, di uomini e di animali tale di suscitare orrore e ribellione!
In questo inferno di vivi nascosti, intristiscono, muoiono, oltre i due terzi della popolazione di Matera, quasi tutti piccoli contadini, braccianti, operai, artigiani, perennemente insidiati e paurosamente falcidiati da malattie sociali quali la malaria, la tubercolosi, il tracoma e il rachitismo, e soprattutto da una larga mortalità infantile!

Seduta del 6 febbraio 1952